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ICTUS, cos'è e come riconoscerlo

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Se è vero che le malattie cardiovascolari rappresentano tuttora la principale causa di morte prematura nel mondo, l'ictus, dopo l'infarto del miocardio, rappresenta la seconda più importante malattia cardiovascolare, responsabile di elevati tassi di mortalità e disabilità.

L'ictus (parola che deriva dal latino colpo) è una condizione clinica caratterizzata dalla ridotta perfusione sanguigna al cervello. Questa situazione può essere causata o da un effettivo deficitario afflusso ematico alle strutture nervose (ictus ischemico) oppure dalla rottura di un vaso arterioso cerebrale con successivo sanguinamento e ridotto apporto di sangue alle aree di cervello cui erano destinati i suddetti vasi (ictus emorragico). In entrambi i casi lo scarso apporto di ossigeno e nutrienti inficia la capacità delle cellule nervose di espletare correttamente la loro funzione, determinandone la morte qualora il flusso ematico cerebrale venga interrotto per un lasso di tempo sufficientemente lungo. Nell'evenienza in cui ciò dovesse verificarsi il danno alle strutture nervose scarsamente irrorate diverrebbe irreversibile, conducendo alla inesorabile perdita di importanti funzioni quali la motilità, la sensibilità o il linguaggio.

I numeri dell'ictus sono sbalorditivi: basti considerare che ogni anno circa 200,000 italiani (la città di Catania conta circa 300,000 abitanti!) presenta un ictus, di cui il 20% è costituito da recidive, ossia da episodi insorti in individui che hanno già sofferto della stessa patologia in passato. Se a ciò aggiungiamo che la patologia ictale rappresenta la principale causa di invalidità e la seconda causa di demenza è facile desumere l'importanza di questo fenomeno.

L'incidenza dell'ictus aumenta progressivamente con l'età raggiungendo il 75% nei soggetti di oltre 65 anni, senza escludere che una così insidiosa condizione possa interessare individui in più giovane età (sono circa 10 mila gli individui colpiti di età inferiore a 54 anni). Si stima che l'evoluzione demografica, caratterizzata da un sensibile invecchiamento della popolazione, porterà in Italia a un aumento dei casi di ictus nel prossimo futuro: se da un lato questo aspetto è inevitabile, è vero che l'aumento dell'incidenza degli ictus è altresì attribuibile alla scarsa consapevolezza della gente circa i fattori di rischio che ne sono responsabili e alla inefficiente adesione alle norme di buona salute.

A 30 giorni dall'episodio circa un paziente su cinque va incontro al decesso. A un anno dall'evento acuto, un terzo circa dei soggetti sopravvissuti a un ictus presenta un grado di disabilità elevato, tanto da poterli definire totalmente dipendenti: azioni altrimenti banali come vestirsi, lavarsi, mangiare, camminare o dialogare diventano sfide quotidiane che accompagneranno questi individui per il resto della loro vita.

Un precoce riconoscimento dell'ictus è di fondamentale importanza per un tempestivo approccio terapeutico con lo scopo di arginare quanto più possibile le sequele invalidanti. E' possibile riconoscere un ictus se improvvisamente e senza dolore compaiono uno o più dei seguenti sintomi:

 

 

Nel caso in cui dovesse comparire uno di questi sintomi, associato a un mal di testa mai provato prima e accompagnato spesso da nausea, vomito o perdita di coscienza, è fondamentale chiamare immediatamente il 118. Ogni istante è prezioso, considerato che un ictus distrugge circa 2 milioni di cellule cerebrali al minuto, soprattutto alla luce del fatto che esistono terapie maggiormente efficaci quando somministrate il prima possibile dall'esordio dei sintomi. Questi accorgimenti possono ridurre le conseguenze dell'ictus e, soprattutto, rappresentare l'ago della bilancia tra la vita e la morte.

 

Fabio Calì
Author: Fabio CalìEmail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Informazioni sull'autore
Sono uno studente del quinto anno di medicina all'università di Catania, interno in clinica neurologica, già dottore in tecniche di laboratorio biomedico. Consapevole che tutto ciò che sappiamo in ambito medico sia frutto del lavoro di ambiziosi ricercatori, il mio obiettivo è contribuire ad ampliare le conoscenze in materia adoperandomi nella ricerca. Ritengo che solo con un impegno del genere si possano comprendere le malattie e conseguentemente tentare di porne rimedio.
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